Onorevoli Colleghi! - L'esperienza degli ultimi decenni - esperienza sociale, politica e processuale - ha posto davanti ai nostri occhi il risultato della sostanziale inefficacia dei sistemi di prevenzione e di repressione dei fenomeni criminali (realizzati sempre di più su base organizzata o associata) in materia ambientale, con particolare riferimento al campo della gestione illecita dei rifiuti, sul quale ormai da diversi anni il Parlamento svolge importanti attività di inchiesta attraverso specifiche Commissioni parlamentari bicamerali.
È proprio l'esperienza di indagine parlamentare, unita alla valutazione del perdurare, senza apparenti vie d'uscita, di fenomeni di crisi della gestione ordinaria della materia (si pensi al commissariamento per l'emergenza rifiuti in Campania che, da evento straordinario, sembra essersi ormai sedimentato in pratica ordinaria, con imbarazzanti strascichi di mala gestione in fase esecutiva dello strumento commissariale) che fanno riflettere sulla necessità di migliorare e ampliare il quadro degli strumenti a disposizione degli operatori della materia, in particolare in campo penale.
Il dato ormai acquisito dagli operatori del diritto è quello della concreta insufficienza degli strumenti a disposizione, in particolar modo se si pensa alla rapida e profonda invasività (soprattutto e ancora in materia di gestione dei rifiuti) delle organizzazioni criminali mafiose, che vedono ormai nell'ambiente, nel territorio e nella gestione dei rifiuti una enorme e facilmente accessibile risorsa.
La gestione diretta delle discariche abusive, del commercio e del trasporto di rifiuti
1) prevedere una nozione di ambiente ampia e quanto più possibile comprensiva di beni giuridici;
2) creare norme penali «in bianco», da riempire con il rinvio alle specifiche disposizioni di legge, essenzialmente amministrative, che disciplinano limiti e vincoli normativi mediante il riferimento a tabelle, elenchi e allegati tecnici, in continua evoluzione e aggiornamento. L'esasperato tecnicismo delle norme «tecniche» in materia ambientale non si concilia con la struttura penale codicistica e occorre pertanto mantenere un rapporto di accessorietà della sanzione penale rispetto al diritto amministrativo ambientale;
3) rendere concretamente efficace e dissuasivo il precetto penale, strutturando le nuove fattispecie delittuose in funzione della progressività dell'aggressione al bene giuridico tutelato, anticipando la soglia della punibilità e prevedendo, in crescendo, ipotesi di pericolo presunto, ipotesi di pericolo concreto e ipotesi di danno, con correlativo aumento dell'impianto delle sanzioni edittali;
4) introdurre norme processuali che permettano, anche in diretto rapporto alla rimodulazione delle sanzioni edittali, lo svolgimento di attività d'intercettazione e l'applicazione di misure cautelari;
5) estendere alla materia dei reati ambientali regole di aggressione dei patrimoni illeciti realizzati attraverso la commissione di tali ipotesi delittuose, con la previsione della confisca (anche per equivalente, ossia attraverso l'acquisizione di beni corrispondenti, per valore, all'illecito arricchimento) degli illeciti profitti accumulati e con la possibilità di azionare il sequestro di prevenzione previsto all'articolo 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 356 del 1992, che rappresenta un formidabile strumento operativo.
Secondo tali linee guida, il presente progetto di legge prevede l'introduzione nel libro II del codice penale del titolo VI-bis, relativo ai «delitti contro l'ambiente», che prevede una nozione amplissima di «ambiente», mutuata dalle conclusioni assunte, nel corso delle legislature XIII e XIV, dalle Commissioni parlamentari di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse.
L'articolato prevede poi due ipotesi, speculari quanto a impostazione e apparato sanzionatorio, relative alle ipotesi di «inquinamento ambientale» e di «traffico di rifiuti e di sostanze pericolose per l'ambiente»: in entrambe le ipotesi sono previsti diversi stadi di aggressione al bene giuridico, con aumento correlativo delle pene.
Anche la materia del reato associato e organizzato, come detto di enormi gravità e proliferazione, quantitativa e qualitativa, trova adeguata risposta con l'introduzione del reato di «associazione per delinquere contro l'ambiente» e di una specifica aggravante per l'associazione di tipo mafioso di cui all'articolo 416-bis del codice penale, quando essa sia mirata ad attività nel campo ambientale.
Aderendo, poi, alle migliori analisi nazionali e internazionali, si è ritenuto di prevedere - sulla base della considerazione che l'obiettivo della riforma normativa deve essere quello, principalmente, di assicurare materialmente la salvaguardia dell'ambiente e dell'ecosistema - incentivi premiali per il reo che ponga rimedio al pericolo o al danno cagionato. Tale comportamento di ravvedimento è previsto come ampiamente attenuante per le ipotesi di reato doloso e come addirittura estintivo del reato per le ipotesi colpose (anch'esse introdotte, specularmente a quanto avviene per i reati contro l'incolumità pubblica già previsti dal codice penale).
Particolare enfasi deve, poi, essere posta su due aspetti delle vicende connesse alla criminalità ambientale, ossia le connivenze e le collusioni tra pubblici dipendenti e criminali «ambientali» e la responsabilità delle persone giuridiche in materia di reati ambientali.
Sul primo punto, si ritiene necessario prevedere un'ipotesi specifica di delitto di «frode in materia ambientale», che punisce i comportamenti fraudolenti commessi, in special modo, attraverso la predisposizione e l'utilizzo di false dichiarazioni e attestazioni per accelerare o concludere procedure amministrative in materia ambientale. È altresì prevista una specifica ipotesi di aggravante per i reati di corruzione commessi al fine di realizzare reati ambientali.
In materia di responsabilità degli enti, si ritiene adeguato intervenire sul decreto legislativo n. 231 del 2001, che ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico l'istituto. La presente proposta di legge prevede che, con le garanzie del processo penale, possano essere applicate all'ente giuridico le sanzioni previste dall'articolo 9 del medesimo decreto legislativo (l'interdizione dall'esercizio dell'attività, la sospensione e la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito, il divieto di contrattazione con la pubblica amministrazione, l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o l'eventuale revoca dei provvedimenti già concessi, il divieto di pubblicizzazione di beni e di servizi).